| Accennando
    ai metodi attualmente a disposizione degli astronomi per lo studio degli asteroidi (e più
    in generale dei Corpi Minori), ho sottolineato come le sonde spaziali abbiano enormemente
    incrementato le nostre conoscenze fornendoci spettacolari immagini di alcuni questi
    oggetti consentendoci in tal modo di ottenere informazioni fino a pochi anni fa
    impensabili. Il lavoro svolto dalla sonda Galileo in occasione del passaggio ravvicinato con Gaspra
    e Ida è stato veramente notevole e vale dunque la pena di fare il punto sulle
    conoscenze relative a questi due asteroidi.
 E attualmente in corso un'altra missione spaziale che prevede l'osservazione ravvicinata
    di corpi asteroidali: si tratta della missione della sonda NEAR con destinazione finale
    Eros e, lungo il cammino, un fly-by con Mathilde.
 L'importanza dellincontro con Eros è soprattutto legata alla particolare natura di questo
    asteroide, che possiamo considerare il capostipite della tipologia dei N.E.A. (Near Earth
    Asteroid), cioè di quei corpi asteroidali che sfiorano il nostro pianeta, e per questo
    denominati anche E.G.A. (Earth Grazing Asteroid), percorrendo orbite che possono
    attraversare quella terrestre.
 Ritengo pertanto necessario fare il punto anche su Eros e su quegli oggetti i cui
    "incontri ravvicinati" con la Terra potrebbero risultare pericolosi per noi.
 E, tra questi, una menzione particolare dobbiamo riservarla a Toutatis, non fosse
    altro per il fatto che il 29 settembre 2004 transiterà solamente a 1.56 milioni di km dal
    nostro pianeta...
 Nel titolo, pertanto, è racchiuso un duplice significato: da un lato si sottolinea lo
    sforzo della Scienza che cerca di avvicinarsi con i suoi strumenti di indagine ad alcuni
    corpi per poterli studiare a fondo, ma dallaltro si evidenzia che vi sono molti altri
    oggetti che possono essere trasportati nei pressi della Terra (e talvolta anche troppo
    vicino ad essa) da quel groviglio di influenze gravitazionali che governano tutta la
    dinamica del Sistema Solare.
   951 Gaspra  Venne scoperto nel 1916 da Grigoriy N. Neujamin
    e non fu mai particolarmente considerato - destino comune a tutti gli asteroidi fino a non
    molto tempo fa - fino a quando non ci si accorse che "era sulla strada" della
    sonda Galileo: diventò così il primo asteroide avvicinato da una sonda spaziale (29
    ottobre 1991).E' caratterizzato da una forma fortemente irregolare: descrivendolo come un ellissoide
    triassiale (18.2x10.5x8.9 km) si ottiene uno scostamento di oltre il 10% dalle dimensioni
    reali.  Questa forma irregolare era già stata rilevata dallo studio della curva di
    luce, dal quale era emersa anche la rotazione (antioraria) con un periodo di circa 7 ore.
 Il profilo di Gaspra è consistente con l'idea che gli asteroidi possano essere mucchi di
    detriti (rubble-piles) composti dall'aggregazione di molteplici corpi di diverse
    dimensioni.  E' pure consistente, però, con il fatto che Gaspra possa essere il
    frammento più interno di un corpo originario distrutto da una collisione (Chapman, 1994).
 A questo proposito si stima che l'impatto, estremamente violento, possa essere avvenuto
    circa 500 milioni di anni fa e si potrebbe collegare l'origine di Gaspra alla famiglia di
    Flora (un unico corpo progenitore con dimensioni dell'ordine di 200 km), ma la
    collocazione è dubbia perchè Gaspra si trova alla "periferia"
    dell'addensamento di Flora.
 Ciò che spinge, però, a scegliere per Gaspra una struttura interna compatta e non di
    agglomerato è la presenza sulla superficie di solchi (facilmente rilevabili dalle
    immagini inviate dalla sonda Galileo) il cui uniforme orientamento (sono disposti lungo
    due direttrici) viene interpretato come indicazione di una struttura monolitica ricoperta
    da uno strato di detriti (regolith) valutabile in 30-200 m (Veverka et al., 1994).
      Annotiamo, per inciso, che tali strutture superficiali erano state riconosciute
    solamente su Phobos, satellite di Marte, ed erano state, anche in quel caso, interpretate
    come originate dalle deformazioni superficiali indotte da un impatto e successivamente
    ricoperte e parzialmente mascherate dai detriti superficiali.
 Sulla base delle caratteristiche spettrali, Gaspra è classificato come appartenente alla
    classe tassonomica S; questo significa che la sua superficie si stima sia composta di
    olivina, pirosseni e composti metallici (ferro-nichel), dati che portano ragionevolmente a
    supporre che questo asteroide provenga dal nucleo di un corpo di massa maggiore.
 La peculiarità di Gaspra è la superficie relativamente liscia, punteggiata da piccoli e
    recenti crateri; l'età desunta dalla craterizzazione è di 200 milioni di anni, e ciò
    conferma che si tratta di un asteroide relativamente giovane. Lo studio dei crateri ha
    inoltre permesso di rivedere le stime sulla abbondanza dei piccoli corpi (diametro dai 10
    ai 100 metri), parametro essenziale per poter valutare con ragionevolezza l'entità,
    l'efficienza e la rapidità del processo collisionale che ha coinvolto e coinvolge tuttora
    gli asteroidi.
 Si è potuto stimare che il numero di mini-asteroidi sia legato al diametro (D) da una
    legge del tipo D-3.3 anzichè D-2.5
    come era per i corpi studiati finora e questo implica un aumento notevole della
    popolazione di asteroidi con dimensioni dell'ordine del centinaio di metri (Farinella,
    1995).  Per completezza bisogna aggiungere che la distribuzione di diametri del tipo
    N(>D)~D-2.5 deriva dalla teoria
    analitica sull'evoluzione collisionale di oggetti asteroidali studiata da J. S. Dohnany
    alla fine degli anni 70.
 Sempre in merito allo studio della distribuzione dei diametri, un recente lavoro di A.
    Campo Bagatin dellUniversità di Valencia (1994) ha mostrato, per mezzo di simulazioni
    dellevoluzione della popolazione asteroidale, che la distribuzione finale non è
    rappresentata da una legge di potenza con esponente ben definito e costante, bensì dalla
    composizione di varie leggi di potenza con esponenti variabili a seconda delle dimensioni,
    anche se mediamente oscillanti intorno al valore di Dohnany.
 Fondamentale importanza nelle simulazioni impiegate per lo studio dell'evoluzione
    collisionale dell'intera popolazione asteroidale assume la scelta del taglio inferiore
    nelle dimensioni degli oggetti in essa coinvolti.
 Se è vero che un valore numerico finito è indispensabile per impostare la simulazione
    del processo evolutivo, è altrettanto vero che nella realtà esistono meccanismi naturali
    (ad esempio il vento solare) che tendono rapidamente ad eliminare le particelle di piccole
    dimensioni, rendendo in tal modo il taglio numerico sui piccoli diametri non solamente un
    mero espediente di calcolo, bensì la corretta simulazione di un processo fisico reale.
 
 243 Ida E' stato il secondo obiettivo asteroidale
    della sonda Galileo (28.08.1993).Anche questo asteroide è caratterizzato da una forma fortemente irregolare con l'asse
    maggiore di circa 58 km e quello minore di 23 km.  Si considera appartenente al tipo
    tassonomico S e la sua densità viene stimata tra 2.2 e 2.9 g/cm3.
 La sua superficie, notevolmente più craterizzata di quella di Gaspra e che rende Ida
    forse uno degli oggetti più densamente craterizzati del Sistema Solare, suggerirebbe una
    genesi collisionale collocabile circa 2 miliardi di anni fa (Chapman, 1994).  Questo
    dato, però, è in notevole disaccordo con le ipotesi avanzate da studi precedenti sulla
    famiglia di Koronis, alla quale Ida appartiene, che collocano l'evento generatore della
    famiglia circa 20 milioni di anni fa.  Probabilmente nella sua estrema
    craterizzazione ha giocato un ruolo importantissimo la differente collocazione nella
    Fascia Principale ed il conseguente differente flusso di "proiettili" rispetto
    ad altri asteroidi della famiglia.
 Molto più di quanto rilevato su Gaspra, Ida presenta segnali evidenti dell'esistenza
    sulla sua superficie di uno spesso strato di regolith: dalle immagini è possibile
    individuare la presenza di massi, tracce di movimenti di rotolamento e variazioni di
    albedo su piccola scala.  Vi è anche la presenza di un certo numero di crateri molto
    grandi, ai quali potrebbe essere ricondotta la formazione dello strato più profondo di regolith
    (Chapman, 1994).
 Una interessante peculiarità di Ida è la scoperta (febbraio 1994) che questo asteroide
    è dotato di un piccolo satellite, Dactyl, (con dimensioni di circa 1.5 km) orbitante ad
    una distanza di 90 km con un periodo di circa 20 ore.  Dactyl è il primo satellite
    naturale di un asteroide ad essere scoperto e fotografato, ed è costituito più o meno
    dello stesso tipo di materiale che compone Ida.
 Sulla provenienza di questo satellite (staccatosi da Ida in seguito ad una collisione
    oppure prodotto della stessa collisione che ha generato Ida?) non si è ancora riusciti a
    trovare una risposta univoca: l'unico dato certo è che sembra sia senz'altro da scartare
    l'ipotesi di una cattura gravitazionale.  Un oggetto così piccolo, infatti, verrebbe
    normalmente deviato, a meno che non intervenga una forza esterna che lo rallenti fino a
    rendere possibile la sua cattura.
 La sonda Galileo ha inoltre rilevato durante il passaggio su Ida variazioni del campo
    magnetico solare, il che farebbe supporre un elevato contenuto di materiali magnetici, ma
    l'ipotesi contrasta con il valore della densità di Ida, troppo bassa per rendere questo
    asteroide simile come composizione ai meteoriti metallici o metallo-silicatici.  Ed
    è proprio l'anomalo valore della densità che spinge C. Chapman (1996) ad ipotizzare per
    Ida una struttura complessa: questo asteroide sarebbe costituito da condriti ordinarie
    (caratterizzate da una densità di 3.5 g/cm3)
    con una struttura interna ad agglomerato (rubble-pile), la cui bassa densità
    porterebbe il valore complessivo a quello stimato.
 Questa idea troverebbe conferma dal confronto tra gli spettri della superficie originaria
    e più antica di Ida e quelli provenienti dalle zone di recente craterizzazione
    (originatesi meno di 100 milioni di anni fa), caratterizzati da minore arrossamento e
    dalla presenza di bande di assorbimento più profonde.  Forse l'impatto ha riportato
    alla luce la superficie primitiva dell'asteroide ed essa non è stata ancora esposta per
    sufficiente tempo alle radiazioni affinchè lo spettro possa essere arrossato e le bande
    di assorbimento grandemente indebolite, come per il resto di Ida.
 
 433 Eros ed i
    N.E.A. Questo asteroide fu scoperto da G. Witt
    nell'agosto 1898.8-109 anni.Esso è divenuto il capostipite di un particolare gruppo di oggetti chiamati N.E.A.
    (Near-Earth Asteroid), comprendendo con tale termine quegli asteroidi le cui orbite si
    avvicinano o incrociano l'orbita terrestre.
 La possibilità di un possibile impatto del sistema Terra-Luna con questo asteroide era
    già stata considerata fin dal 1933, allorchè Sir Phillip Roberts, direttore della
    British Sout-African Astronomical Society, aveva calcolato un possibile impatto di Eros
    con il nostro satellite, impatto che avrebbe dovuto avvenire circa 11 anni più tardi
    (Dyson, 1995).  E' certamente banale annotare che i calcoli non erano corretti, ma la
    vicenda può mostrare che l'ipotesi di un possibile impatto di Eros con la Terra è sempre
    stata considerata una eventualità tutt'altro che remota, soprattutto se rapportata ai
    tempi di evoluzione cosmica.  In uno studio del 1982, G. W. Wetherill ed E. M.
    Shoemaker avevano ipotizzato il 24% di probabilità che questo corpo collidesse con la
    Terra entro un tempo di 400 milioni di anni; la velocità d'impatto era stimata in circa
    14 km/sec e l'evento avrebbe originato un cratere di circa 250 km di diametro.
 La valutazione della possibile scala dei tempi per un impatto è stata però recentemente
    riconsiderata da P. Michel, P. Farinella e C. Froeschlè (1996), che hanno studiato
    l'evoluzione dinamica dell'orbita di Eros su un periodo di due milioni di anni, studio
    effettuato adottando un modello di Sistema Solare puramente gravitazionale, tenendo conto
    di tutti i pianeti, escluso Plutone, ed inglobando la massa di Mercurio in quella del
    Sole.  Dalla simulazione è stata riconfermata l'esistenza di una risonanza orbitale
    con Marte in grado di perturbare l'orbita di asteroidi Mars-crossing, come Eros,
    trasformandoli in Earth-crossing: per un modello calcolato dalla simulazione tutto questo
    porterebbe ad un impatto con la Terra in un tempo di 1.14 milioni di anni.  La
    conclusione presentata dal lavoro citato è però ancora più rassicurante poichè si
    afferma che, se esistono significative possibilità (dell'ordine del 50%) che Eros diventi
    un Earth-crosser e possa collidere con il nostro pianeta, ciò avverrebbe in una scala di
    tempi dell'ordine di 10
 La preoccupazione che Eros o qualche altro asteroide possa impattare la Terra è comunque
    certamente fondata, e su di essa, come su tutte le complesse problematiche connesse con
    tale evento, è necessario dedicare un successivo approfondimento (scontato, a questo
    proposito, il richiamo ad una visita alla mia Impact
    Page...).
 Tornando, invece, ad occuparci dei N.E.A., talvolta chiamati Earth Grazing (E.G.A.),
    Earth Crossing (E.C.A.) o Earth Approachers, sottolineiamo come la peculiarità di questi
    oggetti sia costituita dalle loro orbite, che li portano ad avvicinarsi o ad incrociare
    pericolosamente l'orbita della Terra.  Vengono convenzionalmente suddivisi in tre
    gruppi:1.  ATEN
 hanno orbite che li pongono all'interno dell'orbita della Terra e la incrociano nei pressi
    del loro afelio; vengono considerati una sottoclasse degli Apollo ed il loro numero è
    stimato in circa un centinaio (Taylor, 1992).
 2.  APOLLO
 sono asteroidi caratterizzati da un valore del semiasse superiore a 1 U.A. e dal perielio
    minore di 1.017 U.A. (afelio della Terra), dunque attraversano la nostra orbita, ed il
    loro numero è stimato in circa 1000 (Wetherill e Shoemaker, 1982; Taylor, 1992).
 3.  AMOR
 non possono avere un impatto diretto con la Terra, ma solamente degli avvicinamenti dal
    momento che il loro perielio è maggiore dell'afelio terrestre.
 Descrivendo le circostanze della scoperta del primo oggetto posto nelle vicinanze del
    sistema Terra-Luna, Rabinowitz (1993) identifica in questo modo le tre classi degli
    Earth-Approachers:
 
      
        | APOLLO | a > 1.0 U.A. | q < 1.017 U.A. |  
        | ATEN | a < 1.0 U.A. | q > 0.983 U.A. |  
        | AMOR | a > 1.0 U.A. | 1.017 U.A. < q
        < 1.3 U.A. | La distinzione può essere visualizzata in
    un disegno che mostra le orbite (approssimate) di oggetti dei tre gruppi paragonandole a
    quella della Terra (Figura 8 - disegno indicativo non in scala). 7-108 anni, dopo di che verrebbero espulsi dal Sistema Solare oppure
    colliderebbero con un pianeta. Dati
    recenti (agosto 2001) riportano un totale di 1420 asteroidi di questo tipo, di cui 646
    Apollo, 663 Amor e 111 del tipo Aten (dati Minor Planet Center). Si stima che la loro vita media sia 10
 Per quanto riguarda l'origine di questi corpi celesti, essa viene identificata nella
    Fascia Principale degli asteroidi; lo studio analitico dei meccanismi dinamici attivi
    nella Fascia Principale, infatti, indica che alcune risonanze secolari e di moto medio
    sono in grado di condurre frammenti in orbite Mars-crossing e, in seguito, Earth-crossing
    come si accennava per Eros, ma emergono anche risultati differenti, quali l'immissione su
    orbite Sun-grazing e Jupiter-crossing.
 Dall'approfondimento della conoscenza dei meccanismi di risonanza emerge anche la
    valutazione della rapidità con la quale tali fenomeni agiscono.
 La simulazione effettuata da B. J. Gladman e collaboratori (1997), che considera
    l'evoluzione di circa 1500 frammenti collocati inizialmente nelle più importanti
    risonanze della Fascia Principale degli asteroidi, suggerisce non solo che la vita
    dinamica dei frammenti destinati a diventare NEAs o meteoriti è di pochi milioni di anni,
    ma anche che la maggior parte di essi viene distrutta sia perchè l'orbita diventa
    Jupiter-crossing sia perchè il frammento viene condotto sul Sole.
 Che il destino di alcuni asteroidi potesse essere la caduta sul Sole è una scoperta
    recente; fino ad ora, infatti, tale destino era stato proposto e accettato solamente per
    le comete.
 Dall'integrazione numerica delle orbite di alcuni NEAs (Farinella et al., 1994) è emerso
    che vi sono differenti percorsi dinamici che possono portare un asteroide alla collisione
    con il Sole, spesso vi è un sistema di risonanze con i pianeti giganti ed i tempi
    caratteristici del fenomeno sono dellordine del milione di anni.  Lo studio appena
    citato ha portato a verificare che tale destino riguarderebbe ben 19 dei 47 oggetti presi
    in considerazione, ed in tal modo l'impatto con la nostra stella risulterebbe più comune
    della collisione con un pianeta o dell'espulsione dal Sistema Solare.
 Il tasso di perdita di tali oggetti verrebbe controbilanciato dall'immissione di un flusso
    di nuovi NEAs ad opera dei fenomeni collisionali attivi nella Fascia Principale degli
    asteroidi, in grado di lanciare nelle risonanze responsabili delle orbite Earth-crossing
    circa 100 frammenti di dimensioni superiori ad 1 km ogni milione di anni (Farinella et
    al., 1993).  Oltre a questa origine collisionale, però, bisogna anche considerare
    probabile (per circa il 40% degli Apollo, Aten e Amor) che si possa trattare di nuclei
    cometari spenti (Taylor, 1992).
 Ed è al gruppo degli Oggetti-Amor, che si stima sia formato da 1000-2000 corpi (Taylor,
    1992), che appartiene 433 Eros.
 Storicamente Eros è sempre stato per l'Astronomia un asteroide molto importante: è
    grazie a misure astrometriche della sua orbita che H. Spencer Jones è riuscito, durante
    l'opposizione del 1930-31, a determinare il valore della parallasse solare in modo
    estremamente preciso, con una incertezza di solamente 1/1000 di secondo d'arco; è ancora
    grazie alle perturbazioni della sua orbita rilevate tra il 1926 ed il 1945 che W. Rabe
    ricavò il valore della massa del sistema Terra-Luna rispetto al Sole.Nel corso di questo secolo, l'incontro più ravvicinato con la Terra si è verificato il
    23 gennaio 1975, quando la distanza tra i due corpi celesti fu solamente 0.15 U.A.  
    La campagna osservativa internazionale organizzata in tale occasione ha permesso di
    ottenere la curva di luce (Figura 9 - Di Martino, l'astronomia, 162,
    pag. 20; 1996) e da questa il periodo di rotazione (5.27 ore), la direzione dell'asse
    polare ed il senso di rotazione.
 253 Mathilde, un asteroide di tipo tassonomico C della Fascia Principale con
    dimensioni di 61 km, fly-by puntualmente verificatosi il 27 giugno 1997, allorchè la
    NEAR, viaggiando a quasi 10 km/sec, è transitata a circa 1200 km dallasteroide. L'analisi radar suggerisce che si tratta di un corpo
    molto irregolare, di dimensioni 40x14x14 km, con un emisfero piatto e quello opposto di
    forma convessa. W.F. Bottke e H.J. Melosh (1996), studiando gli effetti delle forze di marea presenti
    negli incontri ravvicinati tra pianeti ed asteroidi, ipotizzano per i planet-crosser
    l'esistenza di possibili satelliti in orbita attorno ad essi e concludono affermando che
    Eros presenta tutte le caratteristiche per avere un possibile piccolo satellite,
    eventualità ritenuta probabile al 50%.
 Un recentissimo studio (Zappalà et al., 1997) collega Eros al gruppo di Maria.
 Questa famiglia dinamica prende il nome, come consuetudine, dall'asteroide con numerazione
    inferiore (170 Maria, con diametro di 44±5 km) e comprende circa 80 membri; si colloca
    nella Fascia Principale, in una zona prossima alla risonanza 3:1 con Giove, e nello studio
    citato si suggerisce che possa essere la sorgente dei cosiddetti NEA giganti (433 Eros e
    1036 Ganimede).  Ipotesi perfettamente in linea con le recenti scoperte che hanno
    identificato la suddetta risonanza con Giove come un mezzo dinamico estremamente
    efficiente per condurre un oggetto nelle regioni più interne del Sistema Solare.  
    L'evento in grado di produrre frammenti delle dimensioni di Eros e Ganimede (ambedue
    dell'ordine di 20-30 km di diametro) deve essere stato altamente energetico, lo
    confermerebbe anche il fatto di avere scagliato oggetti proprio in una zona di risonanza.
 Sulla base delle stime delle dimensioni dei corpi appartenenti a questa famiglia, si
    ipotizza per il corpo progenitore un diametro di circa 85 km.
 L'importanza della ricostruzione della famiglia di Maria è ulteriormente aumentata dopo
    le ultime analisi dei dati spettrali di Eros, dai quali emerge che la superficie di questo
    asteroide presenterebbe notevole somiglianza con le condriti ordinarie.  Se ambedue i
    dati (l'appartenenza di Eros alla famiglia e la sua analisi spettroscopica) venissero
    confermati, si potrebbe ipotizzare per la famiglia di Maria di essere la principale
    sorgente delle condriti ordinarie, fornendo in tal modo la definitiva risposta al
    paradosso spettrofotometrico.
 L'importanza storica di 433 Eros ricordata poc'anzi è destinata ad aumentare: verso
    questo asteroide, infatti, è in volo la sonda spaziale NEAR, lanciata il 17.02.96 da Cape
    Canaveral.
 La NEAR (Near Earth Asteroid Rendezvous) fa parte del programma Discovery della NASA ed ha
    il compito, dopo un primo passaggio ad una distanza di 500 km da Eros (6 febbraio 1999),
    di porsi in orbita intorno ad esso ad una altezza di circa 40 km. (Nota: in realtà
    l'ingresso in orbita attorno ad Eros è avvenuto un anno più tardi, il 14 febbraio 2000)
 Al termine della missione (31 dicembre 1999) si potrà disporre di una mappa
    dell'asteroide con una risoluzione variante tra i 3 e i 5 metri, della distribuzione
    mineralogica superficiale (ed in tal modo confrontare la composizione chimica di Eros con
    quella delle meteoriti conosciute), ed inoltre appurare se gli asteroidi più piccoli
    siano frammenti solidi di roccia oppure aggregati porosi di frammenti collisionali.
 Nel progetto era previsto anche un passaggio nei pressi di
 Lintero fly-by è durato circa 25 minuti ed ha permesso di raccogliere ulteriori dati su
    questo oggetto della Fascia Principale (a = 2.645 U.A.), primo fra tutti la
    conferma del valore estremamente basso dellalbedo (0.03) riconducibile ad una superficie
    resa molto scura probabilmente da una crosta formata da composti carboniosi.
 Nella fase di allontanamento, la NEAR ha esplorato lo spazio circostante alla ricerca di
    eventuali satelliti, ma fino ad ora l'analisi delle immagini porta ad escludere una tale
    presenza.
 Le caratteristiche morfologiche più importanti sono senza dubbio gli enormi crateri da
    impatto, le cui dimensioni ci portano ad ipotizzare un passato veramente travagliato per
    questo asteroide; dalle immagini, riprese da 2400 km di distanza con una risoluzione di
    380 metri, emerge chiarissima la presenza di almeno 4-5 crateri con dimensioni comprese
    tra 10 e 20 km.  Osservando, poi, le immagini riprese alla minima distanza, compare
    una autentica voragine, larga 30 km e profonda una decina, dimensioni che, rapportate a
    quelle dell'asteroide, non si stenta a definire impressionanti.  E proprio la
    valutazione dell'evento che ha originato tale cratere ci porta a riconsiderare la
    struttura interna degli asteroidi in modo da poter spiegare la loro resistenza anche ad
    impatti così violenti.
 Il confronto con Ida e Gaspra evidenzia per Mathilde una storia collisionale molto più
    movimentata; una prima stima del numero dei crateri ha permesso di constatare che non si
    è molto distanti dalla densità di craterizzazione rilevata per Ida, e questo significa
    che si può ipotizzare per Mathilde una età evolutiva di circa 2 miliardi di anni.
 L'uniformità del colore, riscontrata sia sulla superficie sia sul fondo dei crateri,
    suggerisce una composizione uniforme e le misure preliminari della densità porterebbero a
    concludere che l'ipotesi di un oggetto tipo rubble-pile non è così remota.  
    Il movimento di rotazione è molto lento (periodo di 17.4 giorni) e forse la spiegazione
    potrebbe essere ricercata proprio nei catastrofici eventi impattivi che hanno
    profondamente segnato la sua superficie.
 La riuscita della missione NEAR, oltre a fornirci dati scientifici importantissimi
    riguardanti Eros, potrebbe mostrare che non è solo fantascienza l'ipotesi di uno
    sfruttamento delle risorse racchiuse negli asteroidi: essi potrebbero rappresentare delle
    potenziali riserve di metalli e di altre materie prime localizzate in regioni dello spazio
    prossime al nostro pianeta.  Una prova indiretta che alcuni asteroidi siano
    costituiti da metallo praticamente allo stato puro è fornita dal meteorite
    Sikhote-Alinskij caduto nel 1947 nella Russia orientale, composto dal 94% di ferro e dal
    6% di nichel.
 Analizzando l'attuale situazione delle tecnologie disponibili, l'inizio di uno
    sfruttamento minerario dei NEA può essere previsto nell'arco di 2-3 decenni (Lupishko,
    1996).
 
 4179 Toutatis e
    i Tauridi Questo asteroide (appartenente alla tipologia
    Apollo) fu "scoperto" il 5 gennaio 1989: in realtà era già stato rilevato
    fotograficamente il 10 e 14 febbraio 1934!Presenta le caratteristiche spettrali tipiche dei corpi prevalentemente rocciosi,
    appartenendo così alla classe tassonomica S.  Il diametro medio è di 4.6 km, il
    periodo di rivoluzione è circa 4 anni e la sua posizione orbitale (la sua distanza media
    dal Sole è di 2.5 U.A.) lo colloca in una lacuna (risonanza 3:1).  La ricostruzione,
    effettuata utilizzando le immagini radar ottenute nel dicembre 1992 (Hudson e Ostro,
    1995), propone per Toutatis un profilo estremamente irregolare, molto somigliante a due
    blocchi rocciosi (di diametro rispettivamente di circa 2.5 e 4.2 km) in contatto tra di
    loro.  Da segnalare anche lindividuazione sulla superficie di questo asteroide di
    crinali e di concavità, queste ultime interpretate come crateri da impatto.
 Lorigine del profilo così irregolare di Toutatis rimane, comunque, un mistero e le
    ipotesi vagliate prendono in considerazione sia la possibilità di un impatto (o, meglio,
    una sequenza di impatti), sia l'eventualità che si possa trattare di un asteroide formato
    proprio da due corpi distinti a contatto.
 Anche per altri asteroidi si era evidenziata la probabile struttura binaria (ad esempio
    4769 Castalia) e per quelli analizzati dalla sonda Galileo si sono avanzati fondati
    sospetti che, al di sotto della apparenza di corpo unico, si nasconda la natura di
    componenti a contatto avvolti e nascosti da uno strato superficiale di polveri e detriti.
 L'esistenza di asteroidi doppi sembrerebbe quindi tutt'altro che rara e potrebbe essere la
    chiave per comprendere meglio i meccanismi di accrescimento e distruzione che hanno
    caratterizzato e caratterizzano gli asteroidi.
 Il moto di rotazione di Toutatis è molto lento (con un periodo di 5.41 giorni al quale si
    sovrappone un moto di precessione con periodo di 7.35 giorni) e questo potrebbe spiegare
    come la reciproca attrazione gravitazionale sia in grado di annullare la forza centrifuga
    mantenendo a contatto le due componenti.  Come si è già avuto modo di dire, non si
    tratta di una rotazione regolare, ma di un vero e proprio ruzzolare nello spazio;
    significativa a questo proposito la descrizione fatta da Scott Hudson della Washington
    State University (ricavata da: http://bang.lanl.gov/solarsys/toutatis.htm; maggio 1996):
 Toutatis non ha mai ciò che noi comunemente chiamiamo giorno. La sua rotazione è il
    risultato di due differenti moti che si combinano originando una rotazione la cui
    orientazione rispetto al Sole non si ripete mai ugualmente.
 L'orbita di Toutatis è in continua evoluzione, in particolare diminuisce il valore
    dell'eccentricità mentre sta aumentando la distanza perielica (da 0.9025 U.A. attuali
    tende ad assumere il valore di 1.00 U.A.): questo non significa rotta di collisione con la
    Terra, ma certamente situazioni osservative ancora più favorevoli di quelle verificatesi
    nel dicembre 1992 (3.620.000 km di distanza).
 Nel settembre 2004, Toutatis passerà ad una distanza dalla Terra di 1.570.000 km e si
    tratterà del passaggio più ravvicinato di un corpo celeste conosciuto (asteroide o
    cometa) fino all'anno 2060.
 Lorbita di Toutatis è notevolmente allungata (e = 0.64) e non può non ricordare molto da
    vicino quella delle comete a corto periodo.  Ed effettivamente Toutatis appartiene ad
    un gruppo di asteroidi, i Tauridi, caratterizzati proprio da parametri orbitali
    molto simili a quelli della cometa Encke.  Nella tabella seguente sono riportati i
    parametri orbitali di questa tipologia di oggetti la cui particolare natura dinamica è
    stata recentemente approfondita.
 (Da:
    Valsecchi et al., Icarus, 118, 169; 1995)
      
        | NOME OGGETTO | a (UA) | e | i |  
        | 5143 Heracles | 1.83 | 0.771 | 9.2 |  
        | 4341 Poseidon | 1.84 | 0.679 | 11.9 |  
        | 2101 Adonis | 1.88 | 0.764 | 1.4 |  
        | 4183 Cuno | 1.98 | 0.637 | 6.8 |  
        | 2212 Hephaistos | 2.17 | 0.833 | 11.8 |  
        | 2201 Oljato | 2.18 | 0.711 | 2.5 |  
        | 4486 Mithra | 2.20 | 0.662 | 3.0 |  
        | Cometa Encke | 2.22 | 0.850 | 11.9 |  
        | 6063 1984 KB | 2.22 | 0.764 | 4.8 |  
        | 4197 1982 TA | 2.30 | 0.773 | 12.2 |  
        | 4179 Toutatis | 2.51 | 0.640 | 0.5 | G.B. Valsecchi e collaboratori (1995) hanno indagato
    sull'eventualità che si potesse trattare di corpi con origine comune, i resti di un
    impatto tra grosse comete della famiglia di Giove, ma il quadro offerto dalle simulazioni
    dinamiche suggerisce un'altra spiegazione.Dall'analisi è emersa, infatti, la pesante importanza delle perturbazioni imputabili ai
    fenomeni di risonanza, in grado di spiegare la presenza di molti corpi dotati di orbite
    simili a quella della cometa Encke provenienti sia dalla Fascia Principale degli asteroidi
    sia dalle comete della famiglia di Giove; in altre parole: la popolazione attualmente
    presente nella regione dei Tauridi sarebbe lindicazione dell'esistenza di un meccanismo
    dinamico (governato dalle risonanze secolari) che collegherebbe tra loro asteroidi della
    Fascia Principale e comete della famiglia di Giove.  Questo non esclude la
    possibilità di un evento impattivo all'origine dei Tauridi, ma impone che tale evento
    debba essere molto recente (dell'ordine di poche migliaia di anni).
 Le simulazioni dinamiche effettuate da Farinella e collaboratori su un campione di NEAs
    (1994) hanno evidenziato per i Tauridi evoluzioni orbitali che, in tempi dellordine di un
    milione di anni, li porterebbero a collidere (come già in precedenza segnalato) con il
    Sole; bisogna comunque sottolineare che i risultati di tali integrazioni numeriche non
    possono essere considerati in maniera deterministica, ma piuttosto visti come indicazioni
    statistico/qualitative dei percorsi evolutivi più comuni.
 Il destino ipotizzato per i Tauridi, inoltre, potrebbe riguardare anche altri asteroidi
    non così peculiari come il gruppo di Toutatis ed Hephaistos, ma semplicemente coinvolti
    nel meccanismo delle risonanze con Giove e Saturno.
 Non è comunque certamente banale l'ipotesi della possibile origine cometaria per molti
    N.E.A.; questa idea è stata ulteriormente rafforzata dall'identificazione dell'asteroide
    3200 Fetonte (scoperto l'11 ottobre 1983 grazie ai dati raccolti dall'Infrared Satellite
    IRAS) con lo sciame meteorico delle Geminidi, una tipologia di fenomeni che, fino ad ora,
    è sempre stata ricondotta ad una origine cometaria.  Vi sono infatti anche altri
    sciami meteorici per i quali è stata identificata una origine asteroidale, come riportato
    nella seguente tabella (tratta da: l'astronomia, 160, 28; dicembre 1995):
 
      
        | SCIAME METEORICO | ASTEROIDE |  
        | Kappa Aquaridi | 4179 Toutatis |  
        | Arietidi | 1566 Icarus |  
        | Arietidi-Tauridi | 1982 TA, 1984 KB, 5025 PL |  
        | Bootidi | 1987 PA |  
        | Fi Bootidi | 1620 Geographos, 1978 CA |  
        | Camelopardidi | 1221 Amor, 3288 Seleucus |  
        | Sigma Capricornidi | 2101 Adonis |  
        | Tau Erculidi | 1087 SJ3 |  
        | Geminidi | 3200 Phaeton |  
        | Chi Orionidi | 2201 Oljato | Come si è già più volte sottolineato, dunque, il confine tra
    asteroidi e comete risulta in alcuni casi estremamente labile e di problematica
    individuazione.  Non solo, infatti, i percorsi evolutivi dinamici delle comete, e lo
    si è visto nel caso particolare della Encke e dei Tauridi, possono sfociare in situazioni
    orbitali attualmente occupate da corpi asteroidali (o almeno considerati tali perchè sono
    assenti i fenomeni classicamente associabili ad una cometa quali la presenza di una chioma
    e di una coda), ma alcuni asteroidi mostrano di essere associati a fenomeni ritenuti fino
    ad ora di esclusiva origine cometaria.  E nulla ci può impedire di sospettare che
    molti oggetti asteroidali, nel caso in cui fosse loro possibile sperimentare situazioni di
    riscaldamento maggiore di quelle che attualmente li caratterizzano, potrebbero mostrare
    sorprendenti manifestazioni cometarie (è l'ipotesi che Rabe propose quando identificò
    gli asteroidi Troiani quale possibile sorgente delle comete a corto periodo).E giunto il momento, dunque, di affrontare largomento delle comete.
 
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